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lunedì 8 ottobre 2012

Come fu temprato l' acciaio 3



concludo il racconto delle vicissitudini della Rio Tinto e del mercato dell' acciaio. Di passaggio, ricordo che la lotta tra la fazione di Jiang Zemin e quella di Hu Jintao sta giocando un ruolo centrale nella faticosa preparazione del 18esimo Congresso, quello nel quale verra' dato il via al processo di successione ai vertici...


Dunque Du Shuanghua spunta dal nulla e, sotto la protezione dell' allora  numero uno cinese Deng Xiaoping, getta le basi per la creazione di una vera industria dell' acciaio, necessaria per sostenere l' industrializzazione a tappe del forzate di un Paese che a quei tempi era ancora largamente agricolo.  
Su AsiaTimes online, Peter Lee ha cosi' raccontato il seguito della storia: “…nel 2004 Du prese la fatale decisione di risalire lungo la catena del processo ad alta intensità di capitale della produzione del ferro e dell’acciaio e di realizzare…(il suo sogno): la costruzione di un grande impianto sulla costa dello Shandong (nel nordest della Cina) che avrebbe sfruttato la produzione locale di carbone e l’ iron ore importato. Du trovò un partner entusiasta nella città di Rizhao, una località in un’ ottima posizione che da lungo tempo era stata scelta dal governo centrale per ospitare un impianto ecologico di livello mondiale e che era al centro di continue dispute tra lo stesso governo centrale, quello provinciale e quello della città. Con una impressionante dimostrazione   di forza finanziaria e politica, Du riuscì a costruirlo con capitale interamente privato…Coprì personalmente il 10% del costo della costruzione – 200 milioni di yuan – e raccolse i due miliardi mancanti con una serie di prestiti da una miriade di banche locali…”. 
Così nasce, col vento in poppa, la Rizhao Iron & Steel Corporation, quella che sei anni dopo pagherà – secondo i giudici di Shanghai – nove milioni di dollari al dipendente della Rio Tinto Wang Yong. La compagnia ha subito successo e ogni anno annuncia aumenti della produzione e dei profitti.   
Il governo dello Shandong autorizza le operazioni di Du Shuanghua ad una condizione: deve assorbire nella sua compagnia – privata e di successo – due inefficienti e pubblici impianti siderurgici, quelli di Jinan e di Laiwu. E' la classica offerta che non si puo' rifiutare. Ma Du ha un asso nella manica. E' una carta che deve aver fatto saltare sulla sedia molti papaveri dello Shandong e che introduce un terzo elemento nella saga dell' acciaio, quello dello scontro politico all' interno del PCC. …
”Du – racconta ancora Lee – silurò l’ affare nel 2009 vendendo il 25% della sua quota della Rizhao alla Kai Yuan Holdings di Hong Kong…Due delle figure chiave nella Kai Yuan sono il presidente del consiglio di amministrazione Hu Yishi e suo padre Hu Jinxing, un direttore non-esecutivo e un cugino del presidente Hu Jintao”. Bingo! Il gran capo in persona, anche se per interposta persona! Nessuno nello Shandong si puo' opporre al numero uno, ma partita non e' ancora chiusa. 
I giochi si riaprono il 5 luglio del 2009, con il clamoroso arresto di Stern Hu e dei suoi collaboratori. Ad eseguire l' arresto, sono gli agenti del Public Security Bureau di Shanghai, diretto a quei tempi da un funzionario di nome Wu Zhiming. Wu e' un seguace(e un parente) dell' ex-presidente Jiang Zemin,  capo indiscusso della cosidetta Banda di Shanghai, uno delle piu' potenti fazioni del Partito che e' in permanente concorrenza con quella guidata da Hu Jintao.  
Botta e controbotta, alla fine Du Shuanghua la scampa e, chiuso il processo si ributta (con alterne fortune) negli affari. Hu Jintao e Jiang Zemin procedono con la loro difficile convivenza ai vertici. La Rio Tinto fa la pace con la Cina. Il suo CEO Tom Albanese e' a Pechino quando il processo si conclude. Dice di essere “preoccupato” ma aggiunge tutto d’ un fiato che “è grande essere di nuovo in Cina” e che è venuto per “rafforzare la collaborazione” della sua impresa con i cinesi.  Tutto e' bene quel che finisce bene! Per tutti, meno che per i quattro disgraziati sbattuti in galera.
FINE

domenica 7 ottobre 2012

Come fu temprato l' acciaio 2


riprendo il racconto delle vicissitudini della Rio Tinto e del mercato dell' acciaio (stalin in russo):

Con il repentino voltafaccia della Rio Tinto il gioco si fa pesante e qualche settimana dopo l' annuncio Stern Hu - un cittadino straniero ma etnicamente cinese…una circostanza che la dice lunga sui sentimenti piu' profondi dei governanti di Pechino - finisce in galera accusato nientepopodimeno che di spionaggio. Con lui vanno dietro le sbarre i tre manager cinesi  Liu Caikui, Ge Minqiang e Wang Yong. I tre avrebbero ricevuto delle tangenti da manager di imprese cinesi per garantir loro l’ accesso a grosse quantità di iron ore a prezzi di favore.
Le trattative tra Rio Tinto e CHINALCO sono saltate sia per ragioni politiche – buona parte del mondo politico australiano era contraria all’ affare, che avrebbe dato alla CHINALCO, cioè allo Stato cinese, cioè ancora al Partito Comunista Cinese, una importante leva economica per piegare l’ Australia ai propri voleri – che per ragioni economiche. Infatti, mentre le trattative tra i manager dei due gruppi erano in corso il valore delle azioni della Rio Tinto era aumentato talmente che i suoi dirigenti pensavano di poter ripagare i propri consistenti debiti ricorrendo solo al mercato, senza bisogno di mettersi in casa i cinesi. 
L' attacco frontale, improvviso e violento contro la Rio Tinto in Cina, si spiega quindi con queste due ragioni: 
1.la necessità da parte di Pechino di riprendere il controllo di un settore nel quale la lotta tra le imprese cinesi aveva creato il caos e sostanziali perdite per le imprese stesse, che continuavano a pagare l’ iron ore più dei loro concorrenti asiatici (in maggioranza giapponesi) che avevano una gestione più razionale delle trattative e 
2.una rappresaglia per il voltafaccia della Rio Tinto nei negoziati con la CHINALCO.
Tra i manager che finiscono in galera il pesce grosso è Wang Yong (per lui 14 anni di galera) che da solo avrebbe ricevuto circa nove milioni di dollari di “regali” da Du Shuanghua, l’ ex-bambino prodigio dell’ acciaio cinese. La sua storia è estremamente interessante. Suggerisco umilmente di studiarla a fondo a tutti coloro che intedono fare qualche affare in Cina. In sintesi, come per molti altri personaggi del miracolo cinese, di Du Shuanghua non si capisce come sia venuto fuori. Giovanotti appena laureati, massaie di provincia, improbabili personaggi di vario calibro diventano di punto in bianco presidenti di joint-venture e addirittura compaiono nelle classifiche degli uomini più ricchi della Cina,e quindi del mondo (spesso poi, finiscono in galera, ma questa, per usare una frase fatta, e' un' altra storia…vedi ad esempio questo articolo del Financial Times: http://blogs.ft.com/beyond-brics/2012/09/25/chinas-rich-list-bad-for-business/#axzz28Tnuq59O). Le loro biografie ufficiali sembrano (e forse lo sono!) scritte con il copia-incolla: sono nati poveri, hanno cominciato un commercio o fondato un' impresa familiare, sono stati perseguitati dalle Guardie Rosse, hanno passato qualche anno ad Hong Kong o negli USA, poi hanno fatto l' investimento giusto e le loro fortune sono decollate…(segue).

sabato 6 ottobre 2012

Come fu temprato l' acciaio


Da una notizia pubblicata dalla Reuters il 4 ottobre:

"Negli ultimi tre mesi, una brusca caduta nei prezzi del minerale ferroso ha costretto l' impresa mineraria globale Rio Tinto ad accelerare e approfondire il suo programma d taglio dei costi in tutti i suoi uffici, hanno affermato questa settimana fonti al corrente dei fatti…
L' australiana Rio Tinto - che ricava l' 80% dei propri profitti dal minerale ferroso ed e' l' impresa mineraria piu' esposta alle fluttuazioni di questa materia prima per la produzione dell' acciaio - sta tagliando posti di lavoro a Londra e Melbourne, secondo quanto ha detto alla Reuters una fonte che conosce la situazione…
"La compagnia e' stata presa completamente di sorpresa dal crollo dei prezzi del minerale ferroso'' ha affermato la fonte. "La Rio era molto ottimista sul minerale ferroso fino a pochi mesi fa ma quelle previsioni si sono rivelate totalmente errate e quindi ora sta tagliando radicalmente i costi….". (http://www.reuters.com/article/2012/10/04/rio-tinto-cuts-idUSL6E8L4HZN20121004)
Ahi, ahi, ahi. 
La Rio Tinto non e' nuova a grandi exploit e improvvise cadute. La compagnia e' fortemente presente in Cina, dove qualche anno fa e' stata al centro di una drammatica vicenda di cappa, spada, affari e colpi bassi che puo' essere utile ricostruire per cercare di capire come funziona la politica cinese e come funzionano i rapporti tra establishment cinese e le imprese straniere.
                                        
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Alzi la mano chi si ricorda di Stern Hu. E di Liu Caikui, Ge Minqiang e Wang Yong? Nessuno? No problem! Nema problema! Il vostro Fuorilegge e' qui per questo, per dare una mano ai tanti smemorati, che rischiano i soldi loro e dei loro azionisti per lanciarsi sul Mercato del Presente e del Futuro.
Dunque: quei quattro disgraziati, tre anni fa si sono beccati a Shanghai delle spaventose condanne - tra i sette e i 14 anni di prigione - per spionaggio e corruzione. Stern Hu (condanna a 10 anni) e' un cittadino australiano, gli altri tre sono cittadini della Repubblica Popolare. Tutti e quattro lavoravano per la Rio Tinto, una delle tre Grandi Sorelle del mercato mondiale dell' acciaio, che, con sprezzo del buongusto e della dignita', li ha licenziati in tronco subito dopo l' annuncio della sentenza. 
Ma cominciano dal principio. 
L’ acciaio si ottiene lavorando il minerale ferroso (iron ore). I tre quarti del minerale ferroso estratto da tutte le miniere del mondo è nelle mani di tre grosse imprese minerarie: la Rio Tinto e la BHP Billinton angloaustraliane e la Vale brasiliana. Fino al 2009 il prezzo dell’ iron ore è stato deciso in trattative che i rappresentanti di questi tre Superpescecani tenevano una volta all’ anno con i principali clienti. Si stabiliva un prezzo base (il cosidetto benchmark) e se c’ erano variazioni nei 12 mesi successivi erano minime. 
I principali clienti al giorno d’ oggi sono le imprese dei paesi in crescita, quindi soprattutto i paesi asiatici. E tra questi, la Cina fa la parte del leone: nel 2009 le sue imprese hanno importato il 70% di tutto l’ iron ore esportato dalle Tre Sorellone e da alcuni pescecanetti minori. Dunque, prima che venisse la Grande Crisi questi furboni si stavano facendo i miliardi, piu' o meno in combutta con i Pescecani locali, cioe' le grandi imprese cinesi del settore. Imprese, si badi bene, statali. Stabilito il prezzo dopo estenuanti trattative, le grandi imprese cinesi compravano enormi quantita' di iron ore, che in parte rivendevano a prezzo maggiorato ai piccoli produttori. 
Fino a quando il prezzo dell' acciaio non solo e' alle stelle, ma continua a salire, tutto ok! Una fettina di torta c' e' per tutti! Ma quando comincia il maledetto (o benedetto? a volte il dubbio mi viene) slowdown, le cose cambiano e il sistema di determnazione del prezzo entra in crisi.
Riprendiamo il filo. Da parte della Rio Tinto, dicevamo, le trattative venivano condotte dall’ australiano di origine cinese Stern Hu. Da parte cinese dalla China Iron & Steel Association (CISA), che dovrebbe rappresentare tutti i produttori cinesi di acciaio. In realtà, ne fanno parte pochi privilegiati con i giusti contatti politici che poi taglieggiano gli altri produttori. La Rio Tinto è disposta a scendere ma non quanto chiede la CISA, che insiste per ottenere una riduzione del 40-45% con la motivazione, peraltro non del tutto infondata, che le imprese cinesi hanno già pagato un prezzo salato alla crisi.  
Le trattative sono ad un punto morto in giugno quando la Rio Tinto lancia la sua bomba: il gigante australiano rompe le trattative in corso da alcuni anni per una joint-venture dal valore di quasi 20 miliardi di dollari con la Aluminium Corporation of China o CHINALCO per accordarsi invece con la sua supposta concorrente BHP Billiton. Una bella coltellata alle spalle, per i mandarini di Pechino!
(segue).