sabato 6 ottobre 2012

Come fu temprato l' acciaio


Da una notizia pubblicata dalla Reuters il 4 ottobre:

"Negli ultimi tre mesi, una brusca caduta nei prezzi del minerale ferroso ha costretto l' impresa mineraria globale Rio Tinto ad accelerare e approfondire il suo programma d taglio dei costi in tutti i suoi uffici, hanno affermato questa settimana fonti al corrente dei fatti…
L' australiana Rio Tinto - che ricava l' 80% dei propri profitti dal minerale ferroso ed e' l' impresa mineraria piu' esposta alle fluttuazioni di questa materia prima per la produzione dell' acciaio - sta tagliando posti di lavoro a Londra e Melbourne, secondo quanto ha detto alla Reuters una fonte che conosce la situazione…
"La compagnia e' stata presa completamente di sorpresa dal crollo dei prezzi del minerale ferroso'' ha affermato la fonte. "La Rio era molto ottimista sul minerale ferroso fino a pochi mesi fa ma quelle previsioni si sono rivelate totalmente errate e quindi ora sta tagliando radicalmente i costi….". (http://www.reuters.com/article/2012/10/04/rio-tinto-cuts-idUSL6E8L4HZN20121004)
Ahi, ahi, ahi. 
La Rio Tinto non e' nuova a grandi exploit e improvvise cadute. La compagnia e' fortemente presente in Cina, dove qualche anno fa e' stata al centro di una drammatica vicenda di cappa, spada, affari e colpi bassi che puo' essere utile ricostruire per cercare di capire come funziona la politica cinese e come funzionano i rapporti tra establishment cinese e le imprese straniere.
                                        
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Alzi la mano chi si ricorda di Stern Hu. E di Liu Caikui, Ge Minqiang e Wang Yong? Nessuno? No problem! Nema problema! Il vostro Fuorilegge e' qui per questo, per dare una mano ai tanti smemorati, che rischiano i soldi loro e dei loro azionisti per lanciarsi sul Mercato del Presente e del Futuro.
Dunque: quei quattro disgraziati, tre anni fa si sono beccati a Shanghai delle spaventose condanne - tra i sette e i 14 anni di prigione - per spionaggio e corruzione. Stern Hu (condanna a 10 anni) e' un cittadino australiano, gli altri tre sono cittadini della Repubblica Popolare. Tutti e quattro lavoravano per la Rio Tinto, una delle tre Grandi Sorelle del mercato mondiale dell' acciaio, che, con sprezzo del buongusto e della dignita', li ha licenziati in tronco subito dopo l' annuncio della sentenza. 
Ma cominciano dal principio. 
L’ acciaio si ottiene lavorando il minerale ferroso (iron ore). I tre quarti del minerale ferroso estratto da tutte le miniere del mondo è nelle mani di tre grosse imprese minerarie: la Rio Tinto e la BHP Billinton angloaustraliane e la Vale brasiliana. Fino al 2009 il prezzo dell’ iron ore è stato deciso in trattative che i rappresentanti di questi tre Superpescecani tenevano una volta all’ anno con i principali clienti. Si stabiliva un prezzo base (il cosidetto benchmark) e se c’ erano variazioni nei 12 mesi successivi erano minime. 
I principali clienti al giorno d’ oggi sono le imprese dei paesi in crescita, quindi soprattutto i paesi asiatici. E tra questi, la Cina fa la parte del leone: nel 2009 le sue imprese hanno importato il 70% di tutto l’ iron ore esportato dalle Tre Sorellone e da alcuni pescecanetti minori. Dunque, prima che venisse la Grande Crisi questi furboni si stavano facendo i miliardi, piu' o meno in combutta con i Pescecani locali, cioe' le grandi imprese cinesi del settore. Imprese, si badi bene, statali. Stabilito il prezzo dopo estenuanti trattative, le grandi imprese cinesi compravano enormi quantita' di iron ore, che in parte rivendevano a prezzo maggiorato ai piccoli produttori. 
Fino a quando il prezzo dell' acciaio non solo e' alle stelle, ma continua a salire, tutto ok! Una fettina di torta c' e' per tutti! Ma quando comincia il maledetto (o benedetto? a volte il dubbio mi viene) slowdown, le cose cambiano e il sistema di determnazione del prezzo entra in crisi.
Riprendiamo il filo. Da parte della Rio Tinto, dicevamo, le trattative venivano condotte dall’ australiano di origine cinese Stern Hu. Da parte cinese dalla China Iron & Steel Association (CISA), che dovrebbe rappresentare tutti i produttori cinesi di acciaio. In realtà, ne fanno parte pochi privilegiati con i giusti contatti politici che poi taglieggiano gli altri produttori. La Rio Tinto è disposta a scendere ma non quanto chiede la CISA, che insiste per ottenere una riduzione del 40-45% con la motivazione, peraltro non del tutto infondata, che le imprese cinesi hanno già pagato un prezzo salato alla crisi.  
Le trattative sono ad un punto morto in giugno quando la Rio Tinto lancia la sua bomba: il gigante australiano rompe le trattative in corso da alcuni anni per una joint-venture dal valore di quasi 20 miliardi di dollari con la Aluminium Corporation of China o CHINALCO per accordarsi invece con la sua supposta concorrente BHP Billiton. Una bella coltellata alle spalle, per i mandarini di Pechino!
(segue).


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