mercoledì 17 ottobre 2012

Dopo Malala tutti contro i Taliban...davvero?


Il capo dell' esercito Ashfaq Parvez Kayani e il presidente pakistano Asif Ali Zardari hanno condannato con pesanti parole il tentato assassinio della quattordicenne Malala Yousufzai da parte dei cosidetti Taliban pakistani. 
Forse farebbero meglio a combattere veramente gli estremisti, per esempio arrestando il capo dei Taliban afghani, il mullah Omar e quello della Jamat -ul -Dawa Mohammad Hafiz Saeed, sul quale il governo degli USA ha messo una taglia di 10 milioni di dollari. Gli indirizzi? Se, come peraltro sospetto, Kayani non li sa gia', basta chiederli ai giornalisti pakistani e stranieri che seguono le vicende pakistane. Non per niente l' abitazione del mullah Omar a Quetta e' stata individuata, qualche anno fa, da Carlotta Gall del New York Times. E noi dovremmo credere i servizi non lo sapevano? Come non sapevano che Osama bin Laden stava nascosto ad Abbottabad? Ma ci prendono veramente per scemi?

Pubblico qui sotto un estratto, che si deve a Francesca Marino, di Apocalisse Pakistan, il libro che abbiamo scritto a quattro mani…Abbiamo chiamato il capitolo del quale fa parte "Tripli giochi e salti mortali", che ci sembra dia un' idea della situazione...
Da quando e' stato scritto sono cambiate poche cose: e' stata messa la taglia su Hafiz; a capo dell' Inter Service Intelligence  ISI il generale Zahir ul-Islam ha sostituito Shuj Pasha; il mullah Omar e' stato dato per morto ma, secondo alcuni, si sarebbe semplicemente trasferito da Quetta nella piu' sicura (per lui), Karachi.


Il caso Headley
Se fosse la trama di un romanzo di spionaggio, sarebbe forse giudicata troppo improbabile per essere vera. Eppure il cosiddetto ‘caso Headley’ è non solo del tutto reale ma rischia di trasformarsi in una bomba dagli effetti non del tutto prevedibili per gli Stati Uniti, per l’India e per i rapporti tra i due paesi. David Coleman Headley, cittadino americano di padre pakistano, viene arrestato il 3 ottobre 2009 dall’Fbi, con l’accusa di aver contribuito a progettare l’attacco di Mumbai del 26 novembre 2008 e di progettare un attentato alla sede del giornale danese che aveva pubblicato la famosa serie di vignette sul profeta Maometto. Assieme a lui viene arrestato Tahawwur Hussein Rana, cittadino canadese di origine pakistana che, come Headley, vive e lavora a Chicago. Ufficialmente, David Headley, il cui nome è stato fino al 2006 Daood Gilani, si reca molto spesso in Pakistan e in India come dipendente della First World Immigration Service, l’azienda di cui Rana è titolare. Gilani-Headley si sarebbe affiliato alla Lashkar-i-Toiba (LiT) nel 2005, e avrebbe inoltre avuto contatti molto stretti anche con Ilyat Kashmiri, ex membro dei corpi speciali dell’esercito pakistano e attualmente a capo della Brigata 313, una branca dell’organizzazione terroristica dell’Harkat-ul-Jihadi-al Islam strettamente connessa ad Al Qaida. Secondo le accuse, Headley si sarebbe recato in India circa nove volte, otto prima del 26 novembre 2008 e una nel marzo del 2009. Visitando a Mumbai tutti i siti in cui si sono poi verificati gli attacchi simultanei dei terroristi, e usando come punto d’appoggio la casa di un certo Rahul. Sulla stampa indiana si scatenano le illazioni riguardo all’identità di Rahul: si pensa perfino che possa trattarsi di Rahul Gandhi, figlio di Sonia e secondo molti futuro premier indiano. O anche di Sharukh Khan, il più famoso e potente attore di Bollywood al momento, che nei suoi film ha spesso interpretato personaggi che rispondevano al nome di Rahul. E in effetti, il misterioso Rahul ha molto a che fare, anche se non direttamente, con Bollywood. Si tratta difatti di Rahul Bhatt, figlio di Mahesh, noto e rispettato produttore e regista del cinema made in Mumbai. Su Daood Gilani alias Headley cominciano a venire fuori una serie di particolari inquietanti, come ad esempio il fatto che l’uomo è il fratellastro di un impiegato nell’ufficio delle relazioni pubbliche del premier pakistano. Le cose si complicano ulteriormente quando Rahul Bhatt rivela che Gilani-Headley si sarebbe più volte vantato di essere un agente sotto copertura della Cia: rivelando particolari, nello specifico, sulla Delta Force e su un corpo speciale, la Special Activities Division, che avrebbe il compito di condurre azioni di natura politica e paramilitare. La stampa americana (e quella indiana) rivelano inoltre che l’allora Daood Gilani sarebbe stato arrestato nel 1998 per traffico di droga. Condannato a meno di due anni per aver collaborato con gli inquirenti, sarebbe stato poi arruolato dalla Drug Enforcement Administration (Dea) e infiltrato da quest’ultima in Pakistan per condurre operazioni sotto copertura. Dopo l’11 settembre, si dice che anche la Cia potrebbe avere usufruito dei suoi servizi, infiltrandolo nella LiT per ottenere informazioni. Headley sarebbe, in sostanza, un agente dei servizi segreti americani che faceva il doppio e anche il triplo gioco. Washington si affretta a smentire la notizia ma, ovviamente, alla smentita non ci crede proprio nessuno. Tantomeno la stampa, i politici, l’intelligence e la polizia indiana, che sono praticamente furibondi. Anche perché sospettano che l’Fbi abbia di proposito evitato di informare New Delhi del viaggio di Headley in India del marzo 2009 per timore che il presunto terrorista fosse arrestato e interrogato dai servizi indiani. Così come sospettano che l’Fbi stia ancora una volta negoziando con Headley informazioni sulla LiT in cambio di uno sconto di pena, e stia cercando di coprire i legami di quest’ultimo con le agenzie di intelligence. Di certo, c’è che Headley si rifiuta di essere interrogato dagli investigatori indiani e che la Cia continua a smentire ogni legame con il terrorista ma si rifiuta di fare ulteriori commenti. Il presunto agente segreto, finito sotto processo a Chicago, comincia intanto a parlare e dichiara di avere avuto contatti con alti ufficiali dell’esercito pakistano ‘in servizio attivo e non’ impegnati nel dare sostegno operativo e logistico alla Lashkar-i-Toiba per progettare e organizzare l’attacco di Mumbai. Anzi, lo stesso Headley sarebbe stato di fatto presente nella control-room pakistana da cui gli strateghi della LiT dirigevano via cellulare i terroristi asserragliati nei vari edifici di Mumbai. Concluso il processo, su tutta la faccenda viene stesa una fitta coltre di silenzio mentre David-Daood negozia con le agenzie americane i termini della sua collaborazione. La puntata successiva, come da copione, arriva dopo qualche mese. E rischia di complicare ulteriormente, qualora se ne sentisse il bisogno, i rapporti già complicati tra i principali giocatori della partita: Stati Uniti, India e, ovviamente, lo stesso Pakistan. Per mesi, difatti, l’India ha continuato ad accusare Washington di tenere deliberatamente l’intelligence indiana all’oscuro di parte delle informazioni fornite da Headley e di impedire agli agenti della National Investigation Agency (Nia) di interrogare direttamente il presunto terrorista. La faccenda viene risolta quasi un anno dopo, quando agli uomini della Nia viene finalmente permesso di interrogare Headley. Il quale conferma puntualmente le prime dichiarazioni rilasciate, arricchendo la storia di vari particolari interessanti. Nulla di nuovo in realtà, ma conferme di quanto gli investigatori e il governo di New Delhi vanno ripetendo da anni e Islamabad smentisce da altrettanto tempo. Conferme sull’organigramma direttivo della Lashkar-i-Toiba, ad esempio, che dietro la cortina dell’organizzazione umanitaria Jamaat-u-Dawa continua a operare liberamente in Pakistan. La strage di Mumbai, conferma Headley, è stata progettata e diretta da Lahore dagli uomini della LiT. Al cui vertice si trova Mohammed Hafiz Saeed, con cui Headley non ha mai avuto contatti diretti durante l’organizzazione della strage di Mumbai ma che “non poteva non sapere” perché nulla si muove nell’organizzazione senza che Saeed ne sia a conoscenza. La notizia non è nuova, ma è suscettibile di una serie di sviluppi. Saeed ha sempre dichiarato infatti di essere estraneo all’organizzazione. E Islamabad rifiuta di arrestarlo, non parliamo poi di consegnarlo all’India o all’Interpol, con la scusa che “non ci sono prove sufficienti” del suo coinvolgimento nella strage di Mumbai e che non può essere arrestato perché non ha mai commesso alcun reato in territorio pakistano. Messo agli arresti domiciliari lo scorso anno dietro forti pressioni indiane e della Casa Bianca, è stato rilasciato su sentenza della Corte Suprema di Lahore: il principale capo di imputazione a suo carico era difatti l’avere avuto “legami e connessioni” con Al Qaida e, secondo la Corte Suprema di Lahore “Al Qaida, in Pakistan, non è un’organizzazione fuorilegge”. Alle dirette dipendenze di Saeed si trovano Abdur Rehman Makhi, che funge da ministro degli Esteri, e Zaki-ur-Rehman Lakhvi: capo militare dell’organizzazione e, secondo Headley, organizzatore di fatto della strage di Mumbai. Sia Makhi che Lakhvi, inutile dirlo, si aggirano liberi e felici per il Pakistan in generale e per Lahore in particolare. Per trovarli basta andare in una moschea della città vecchia, protetta da uomini armati e, guarda caso, dalla polizia pakistana. Che, ufficialmente, non ha notizie di nessuno dei due gentiluomini in questione. Headley rivela anche che la LiT si è dotata, sul modello delle Tamil Tigers, di una marina militare particolarmente utile per raggiungere l’India da Karachi (…). E che a Karachi, in particolare, è stata fondata una cellula che ha il compito di reclutare giovani provenienti dagli stati indiani del Maharashtra e del Gujarat. D’altra parte, non è un segreto per nessuno che dal Gujarat a Karachi si passa a dorso di cammello ogni notte attraverso il deserto: costo dell’operazione, qualche centinaio di rupie. Una cellula dell’organizzazione è stata inoltre fondata anche in Thailandia, dove è stato inviato nel 2006 Abu Anas, fino a quel momento a capo della sezione di Rawalpindi. Non un uomo da poco, visto che Anas si è incontrato parecchie volte con Osama bin Laden e si dice abbia stretti rapporti con Al Qaida. Ciliegina sulla torta, e vero piatto forte delle rivelazioni di Headley, sono però i rapporti tra membri della Lashkar-i-Toiba e gli uomini dell’Isi e dell’esercito pakistano. Saeed sarebbe difatti protetto dai servizi segreti: così come Lakhvi, che godrebbe anche di una relazione privilegiata con l’attuale capo dell’Isi, il generale Shuja Pasha. Headley conferma inoltre il coinvolgimento diretto nella preparazione della strage di Mumbai, e nell’organigramma della Lashkar-i-Toiba, di “membri dell’esercito pakistano in pensione e in servizio attivo”. In particolare, di due maggiori dell’esercito attualmente in servizio: il maggiore Iqbal e il maggiore Sameer Ali contro cui l’Interpol, su richiesta di New Delhi, ha emesso una ‘red notice’….
(di Francesca Marino).





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