Cosi', il governatore della banca centrale cinese, la People's Bank of China, Zhou Xiaochuan si e' rifiutato di andare a Tokyo per la riunione del Fondo Monetario Internazionale. Sembra che si tratti di una rappresaglia contro il Giappone per la vicenda delle isole contese. La direttrice del Fondo, Christine Lagarde, ha sottolineato che Pechino paghera' per questo un prezzo, vale a dire un crescente isolamento. La decisione e' incomprensibile, almeno per me. Tanto piu' che lo stesso ha fatto il ministro delle finanze Xie Xuren, che come Zhou ha inviato a Tokyo il suo vice. La riunione dell' Fmi e' un evento internazionale, che riguarda tutta la comunita' internazionale, ed e' un puro caso che si svolga il Giappone. Ad essere "punito" per la mancanza dei dirigenti cinesi competenti per le discussioni sul tappeto non e' certo il Giappone ma il Fondo Monetario stesso. Almeno usando la logica. Il sospetto che dietro il rilancio dell' antigiapponesismo estremista (fomentato quotidianamente dalla propaganda, basta fare zapping sui principali canali cinesi una qualunque sera e vedere quanti sono i film anti-giapponesi) ci sia qualcosa legato alla lotta per il potere in corso a Zhongnanhai (il Lago centrale di mezzo, cioe' il compound di Pechino dove vivono molti dei leader politici cinesi), ne esce rafforzato. Non mi sento di dare torto al ministro degli esteri di Tokyo Koichiro Gemba, che ha dichiarato al New York Times: "non credo che sara' un vantaggio per la Cina, se si pensa a come la comunita' internazionale interpretera' questa azione'' (http://www.nytimes.com/2012/10/11/world/asia/china-snubs-financial-meetings-in-japan-in-dispute-over-islands.html?nl=todaysheadlines&emc=tha22_20121011).
L' NYT pubblica insieme all' articolo sull' assenza della Cina a Tokyo un pezzo da Xi'an, dove si racconta la storia di un cittadino cinese che guidava un' automobile giapponese e per questo e' stato pestato a sangue da un gruppo di nazionalisti invasati (http://www.nytimes.com/2012/10/11/world/asia/xian-beating-becomes-symbol-of-nationalism-gone-awry.html?nl=todaysheadlines&emc=tha22_20121011): veramente un caso di follia.
Non mi intendo di questioni territoriali ma mi pare che la Cina abbia poco da guadagnare da questa irrazionale (gia', ci guadagnano qualcosa gli operai cinesi delle imprese giapponesi che stanno tagliando la produzione, o ci guadagnano quelli vietnamiti, coreani, etc. che prenderanno il loro posto?) campagna sulle Diaoyu-Senkaku. La maggior parte degli esperti ritiene che il suo caso abbia poche probabilita' di essere giudicato credibile nelle sedi internazionali, se mai ci arrivera'. E, cosa ancora, peggiore per Pechino, qualcuno potrebbe per rappresaglia riaprire il dossier del Tibet e forse anche quelli del Xinjiang e di Taiwan, ritorcendogli contro i suoi stessi argomenti.
Autolesionismo, lotta di potere o un misto dei due, il principale risultato di questa "offensiva" dei mandarini pechinesi mi sembra essere la fine delle loro speranze di esercitare una sorta di soft power in Asia e nel resto del mondo, almeno nel prossimo futuro.
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