Antonio Talia, corrispondente dell’ AGI da Pechino, ha denunciato nei giorni scorsi le scorrettezze che ha subito da parte di Giampaolo Visetti della Repubblica, che in diversi interventi in voce sul sito del suo giornale ha spacciato per sue corrispondenze che in realta’ sono state scritte da Talia. Antonio ha tutte le ragioni del mondo (si puo’ leggere la storia completa, che e’ stata largamente ripresa in Italia, sul suo blog:
http://engagez--vous.blogspot.fr/2012/08/visetti-in-china-magical-mystery-tour.html).
Il vizio di imbellire, aggiungere particolari divertenti o piu’ semplicemente inventare (quando non si puo’ copiare) fa parte di un modo deleterio di intendere l’ informazione ed e’ riassunto in quello che gli anglosassoni chiamano scherzosamente “il primo comandamento” del giornalista: ”never allow facts to interfere with a good story”.
Ma, ahinoi, I fatti hanno la testa dura e a volte succede.
Per rimanere nel Regno di Mezzo, un buon esempio e’ la favoletta di Bo Guagua, figlio dei piu' famosi Bo Xilai e Gu Kailai, che va a prendere la figlia dell' ambasciatore americano del tempo, John Huntsman, su una rombante Ferrari rossa, che si e’ rivelata una balla colossale! Scusate se ci torno su dopo un po' di tempo ma mi sembra che questa formidabile storia di giornalismo cialtronesco sia gia' stata dimenticata.
I fatti sono i seguenti: il 26 novembre del 2011 il Wall Street Journal - una giornale pretenzioso fin dal nome, fintamente paludato, che nasconde il suo cialtronismo murdochiano dietro una patina di imparzialita' finissima ma alla quale molti gonzi credono e molti furbastri fanno finta di credere - pubblica una "bella storia", dal titolo "Children of the Revolution", sui "principini" cinesi. Firmato da Jeremy Page, l' articolo comincia cosi': "una sera, all' inizio di quest' anno, una Ferrari rossa si ferma davanti ad un popolare bar di Pechino e ne esce, vestito con uno smoking, il figlio di uno dei massimi dirigenti cinesi…", ecc.ecc. Bravo Jeremy, bene, bis! La storia, come spesso accade in Cina, e' attribuita a fonti anonime. Poi viene smentita e strasmentita, tra l' altro da una lettera al New York Times - rivale del WSJ - di due delle supposte fonti di Page. Come si difende il Nostro? Elementare Watson: la fonte e' un' altra, e Jeremy non la rivela ''perche' nessun giornalista lo farebbe''. Bene, bravo, tris! Con questo sistema, posso scrivere che e' stato visto volare un' asino con in groppa Hillary Clinton abbracciata al figlio di Jiang Zemin.
Il fatto e' che il veleno introdotto nella Stampa Anglosassone – e di conseguenza in quella di tutto il mondo - dall' orrendo Rupert Murdoch e' cosi' diffuso e cosi' potente che ci vorranno decenni per liberarsene, se mai ce la faremo: un giornalismo spocchioso, sempre super-schierato politicamente, pronto a solleticare i peggiori istinti dei lettori, un giornalismo che paga gli investigatori privati per frugare nella vita privata delle persone, che ha fatto una bandiera della menzogna contro gli avversari dei suoi politici di riferimento (che poi sono quelli al potere, chiunque essi siano – primo-della-classe-toniblair, rosbiffone-cameron o addirittura i mammozzi comunisti cinesi), che inganna sistematicamente i lettori in nome dei suoi interessi affaristici e propagandistici…non credo che di questa categoria faccia parte La Repubblica.
Pero’ peccato che a tutt’ oggi ne’ Visetti ne’ la direzione del suo giornale si siano scusati con Talia - e con i loro lettori.
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