L' articolo del New York Times che pubblico qui sotto si apre con le dichiarazioni di un trentenne ''imprenditore di Internet" di Rawalpindi che dice: "Abbiamo sentimenti contrastanti su Malala…Sono stati gli americani che le hanno sparato o e' stata Al Qaeda? Non lo sappiamo. C' e' gente che pensa che sia tutta una trovata propagandistica degli americani per diffondere le loro idee contro i Taliban". Gli americani? Una trovata propagandistica?
Si potrebbe pensare che il giovane che ha fatto queste deliranti dichiarazioni sia un caso isolato, un estremista. Non e' cosi'. Purtroppo si tratta di un sintomo di una grave malattia che affligge la upper e la middle class pakistane. E la middle e la upper class, ahinoi, sono quelle dalle quali provengono i giornalisti, i diplomatici, gli scrittori, gli stuodiosi. In altre parole, coloro ai quali ci rivolgiamo per capire qualcosa di quel paese, le persone che hanno un ruolo di primo piano nel formare la nostra opinione su quello che succede in Pakistan.
In inglese, si chiama "a state of denial", in italiano, direi, "uno stato delusionale". Il ritornello che viene cantato in varie tonalita' da differenti attori e' questo: l' estremismo islamico non appartiene al Pakistan ma e' stato un velenoso regalo fatto dal Paese asiatico dagli americani per i loro inconfessabili motivi.
Molti anni fa Jugnu Moshin, una brava e coraggiosa giornalista di Lahore, mi disse piu' o meno queste parole, prendendo spunto dal fatto che il presidente Ronald Reagan aveva ricevuto alcuni leader dei mujaheddin afghani tra cui Gulbuddin Hekmatyar, effettivamente uno dei piu' violenti, ignoranti, odiosi agenti dell' Internazionale del terrore, un uomo che, grazie ai finanziamenti pakistani e iraniani ha commesso alcuni dei crimini piu' gravi ad essersi verificati nel suo disgraziato paese. "E chi e' Hekmatyar? - mi disse Jugnu - e' lo stesso di Osama bin Laden…Gli americani hanno creato gli Osama bin Laden e ce li hanno rifilati a noi, in Pakistan….". Eh no, cara Jugnu. Troppo comodo.
La verita' che gli estremisti afghani come Hekmatyar e come i Taliban - che sono un fenomeno "AfgPak", sia afghani che pakistani per nascita, ispirazione e storia - e quelli pakistani sono stati inventati, alleati e nutriti dal Pakistan (e dall' Iran, e dall' Arabia Saudita, ma sopratutto dal Pakistan).
E sono loro che hanno sparato a Malala Yousufzai e alle altre ragazze.
Gli americani, come gli europei, gli arabi e i cinesi, parteciparono alla jihad afghana - la Guerra Santa per cacciare gli invasori sovietici - con soldi e armi e con qualche consulenza sul campo. Ma chi gestiva quei soldi e quelle armi, favorendo personaggi come Hekmatyar - cioe' estremisti di piccolo calibro che non avevano alcuna possibilita' di rendersi autonomi - e' sempre stato il servizio segreto militare, l' Inter Service Intelligence (ISI). Servizio segreto che non e' mai stato "deviato" ma e' sempre stato diretto dai capi dell' esercito e dai capi di stato e di governo del Pakistan. Fu Zulfikar Ali Bhutto, ancora prima dell' invasione sovietica dell' Afghanistan, ad invitare in Pakistan gli allora giovani leader dell' estremismo islamico afghani, tra cui lo stesso Hekmatyar e Ahmad Shah Massud. Bhutto aveva intuito che avrebbe potuto usarli contro chiunque fosse al potere a Kabul, perche' chiunque sia al potere a Kabul potrebbe un giorno essere tentato di mettere in discussione l' appartenenza al Pakistan delle Federal Administered Tribal Area (FATA), le aree abitate dai tribali pashtun che sono state il motore della jihad anti-sovietica e poi sono diventate la patria dei Taliban e di Al Qaeda. Contrariamente ad una di quelle favole che vengono ripetute pappagallescamente da ignoranti di varia estrazione (come diceva Joseph Goebbles? "Se racconti una balla abbastanza grande e continui a ripeterla, la gente finira' per crederci…") Osama bin Laden non ha mai avuto rapporti con i servizi segreti americani. Invece, ne ha avuti e come con quelli pakistani. Sono i servizi pakistani che lo hanno tenuto per anni al caldo ad Abbottabad, dove e' stato ucciso dai navy seals su indicazione dei servizi americani.
E negli anni seguenti gli estremisti fuorono nutriti e usati in Afghanistan ma anche a sudest, contro l' odiata India. Il generale Zia ul-Haq dette il suo contributo distruggendo quel poco che esisteva di istituzioni pubbliche come le scuole, aprendo la strada alle madrasas che ignoranti mullah gestivano - gestiscono - con i soldi che vengono dai ricchi paesi del Golfo. Un altro generale, di altra estrazione politica, l' alleato di Zulfikar e Benazir Bhutto Nasirullah Babar, tenne a battesimo la mostruosa creatura che oggi, oltre all' Afghanistan, minaccia lo stesso Pakistan: i Taliban del mullah Omar.
Ma torniamo alla upper e middle class pakistana: solo quando questa smettera' di credere alle favole secondo le quali senza i cattivi americani, senza la minaccia indiana, insomma, senza fattori esterni il Pakistan sarebbe un paese islamico moderato e gli estremisti sparirebbero come per incanto, si potra' sperare in un futuro diverso per questo disgraziato paese. Purtroppo, il Pakistan mi sembra ineluttabilmente avviato verso una deriva islamico-estremista a causa dei suoi stessi sbagli, sbagli che non riesce a riconoscere e tantomeno a correggere.
ecco qui sotto l' articolo del NYT prima nella mia traduzione, poi nella versione originale:
IL 'MOMENTO DI MALALA' POTREBBE ESSERE PASSATO IN PAKISTAN, MENTRE LA RABBIA PER L'ATTENTATO SVANISCE.
di Declan Walsh
Il ben vestito giovane imprenditore di Internet si gode il sole davanti ad un McDonald, a pochi passi dal quartier generale dei militari pakistani, mentre riflette sulla rabbia generata dalla vicenda di Malala Yousufzai, la ragazza che ha sfidato i Taliban e che e' stata ferita alla testa da un colpo di arma da fuoco.
"Abbiamo sentimenti contraddittori su Malala", afferma l' uomo, il trentenne Raja Imran, gli occhi nascosti dai rayban, mentre giocherella con un pacchetto di Malboro. "Sono stati gli americani a spararle o Al Qaeda? Non lo sappiamo. Alcuni pensano che sia tutta propaganda americana per diffondere le loro idee contro i Taliban".
E lui, cosa ne pensa? Imran da' una scrollata di spalle.
Molti giovani clienti del ristorante esprimono la stessa ambivalenza. Altri domandano: e le altre due ragazze ferite nell' attacco? "E Aafia Siddiqui?' si chiede una giovane donna, riferendosi alla donna pakistana processata da un tribunale di New York per aver cercato di uccidere soldati americani e agenti dell' FBI e condannata a 86 anni di prigione.
"Di lei non parla nessuno", dice la donna con uno sguardo deciso prima di schizzare via.
Questo scetticismo ispirato a teorie della cospirazione sulla giovane Yousufzai, che e' stata ferita sul suo autobus scolastico da un Taliban, e' solo uno degli atteggiamenti dell' opinione pubblica; altri hanno espresso una rabbia senza riserve contro l' attacco. Ma suggerisce qualcosa di scoraggiante: che in Pakistan il ''momento di Malala" e le possibilita' che ha brevemente evocato e' passato.
Nei primi giorni dopo l' attacco, che si e' verificato il 9 ottobre, alcuni pakistani hanno sperato che potesse portare ad un cambiamento radicale nella loro societa'. Per anni, la capacita' del paese di tenere testa ai Taliban e' stata indebolita da una profonda ambiguita' che ha impedito l' emergere di una consenso nazionale contro la violenza islamica. I gruppi religiosi hanno esistato a criticare i Taliban per ragioni religiose. I politici avevano paura di parlare per ragioni politiche. E i militari, che storicamente hanno sostenuto gli islamisti per combattere le loro guerre per procura in India o in Afghanistan, hanno aumentato la confusione appoggiando i loro preferiti gruppi estremisti, conosciuti come i "Taliban buoni".
Ma dopo che la Yousufzai e' stata ferita, commoventi immagini della ragazzina ferita sono state messe a paragone con i minacciosi comunicati dei Taliban che hanno affermato che la attaccheranno di nuovo, se ne avranno l' opportunita'. Tutt' a un tratto, il paese ha parlato con la stessa, infuriata voce.
Leader politici e religiosi hanno condannato i Taliban con una passione insolita. Il capo dell' esercito, il generale Ashfaq Parvez Kayani, ha visitato la giovane in ospedale e ha affermato in una rara dichiarazione pubblica che i militari "rifiutano di piegarsi al terrore". Scrittori hanno paragonato il blog di Malala al diaro di Anna Frank. I politici conservatori sono stati messi sotto osservazione.
Solo due giorni prima dell' attacco Imran Khan, l' ex-star del cricket le cui fortune politiche sono cresciute nell' ultimo anno, ha guidato un rumoroso corteo motorizzato ai confini delle aree tribali, dove hanno protestato contro gli attacchi con i droni condotti dalla CIA nelle vicine montagne. La manifestazione ha avuto una copertura largamente favorevole da parte dei media.
Ma dopo l' attacco, Khan e' stato severamente criticato, in parte perche' sostiene un negoziato con i Taliban invece di combatterli, in parte perche' ha rifiutato di condannarli in un' intervista televisiva. "Se oggi comincio da qui a lanciare slogan contro i Taliban, chi li salvera'?" , si e' chiesto Khan. I commentatori hanno sostenuto che quest' episodio ha minato la credibilita' di Khan. "Ci sono state preoccupazioni latenti sulla sua politica verso i Taliban", ha detto il giornalista televisivo Fahd Hussain. "E questo ha fatto ricordare che lui non e' mai stato chiaro su quest' argomento". Da parte sua, Khan e' rimasto sulle sue posizioni. "I nostri liberali sostengono le soluzioni militari, nonostante queste siano controproducenti", ha sostenuto. "Ogni operazione militare fa aumentare l' estremismo e il fanatismo".
Un' operazione militare, in ogni caso, e' esattamente quello di cui si parlava all' inizio della settimana, quando gli alti gradi militari hanno tenuto una riunione segreta di due giorni che ha suscitato voci su un assalto alla roccaforte dei Taliban del Nord Waziristan - una cosa fortemente richiesta dall' amministrazione Obama. A quel punto, la reazione contro la giovane Yousufzai era gia' partita in forze. La destra religiosa ha attaccato la ragazza diffondendo su Internet immagini che la mostravano in incontri con alti funzionari americani e che implicitamente la accusavano di essere un agente americano. Mercoledi' in Parlamento, una mozione a favore di un' "operazione militare" contro i Taliban e' stata bloccata dall' opposizione. La maggior parte dei commentatori ritiene ora improbabile nel breve periodo un assalto militare al Nord Waziristan.
Tutte le finestre che si erano aperte - per un' azione militare o per una nuova unita' politica contro i Taliban - sembrano ora essersi chiuse. "E' stato un momento d' oro - ha commentato Hussain, il giornalista - " ma questo e' quello che e' stato: un momento". Altri dubitano che quel momento sia mai esistito. "ricordatevi che siamo una societa' confusa e psicologicamente divisa", ha detto Ayaz Amir, un esponente dell' opposizione che non ha peli sulla lingua. "E' troppo pensare che la nostra opinione politica nazionale possa cambiare cosi' rapidamente".
In un certo senso, la politica piu' chiara e' quella dei Taliban. Questa settimana gli estremisti hanno pubblicato una giustificazione di sette pagine della violenza che hanno usato contro la giovane. "Malala parlava apertamente contro il sistema islamico e dava interviste a favore dell' educazione all' occidentale e si truccava pesantemente", diceva, mentre rivolgeva minacce ai giornalisti che criticavano l' attacco.
Altri, comunque, vedono un lato positivo: che i pakistani hanno stabilito una linea rossa per quanto riguarda gli attacchi dei Taliban. "Puoi essere un musulmano devoto, odiare l' America ed essere piu' contrario ai droni di Imran Khan", ha affermato Nusrat Javed, una commentatrice televisiva. "Ma se hai delle figlie che vogliiono studiare, la condanna per queste cose e' inevitabile". Secondo Amir, l' esponente dell' opposizione, tutta la vicenda indica che i pakistani hanno l' urgente esigenza di "essere chiari" sui Taliban. "Ci deve essere un consenso intellettuale sul fatto che siamo andati troppo in la'"., ha detto.
"Dobbiamo stabilire un confine".
RAWALPINDI, Pakistan — The smartly dressed Internet entrepreneur basked in the sun outside a McDonald’s, down the road from Pakistan’s military headquarters, considering the furor over Malala Yousufzai, the schoolgirl who had taken on the Taliban only to be shot in the head.
“We have mixed feelings about Malala,” said the man, Raja Imran, 30, his eyes shaded by sunglasses, fiddling with a pack of Marlboros. “Was it the Americans who shot her or was it Al Qaeda? We don’t know. Some people think this is all an American publicity stunt to make their point against the Taliban.”
And what did he himself think? Mr. Imran shrugged.
Several young customers at the restaurant were similarly ambivalent. Others asked: What about the other two girls wounded in the shooting? “And what about Aafia Siddiqui?” asked one young woman, referring to the Pakistani woman convicted on charges of trying to kill American soldiers and F.B.I. agents by a New York court in 2010 and sentenced to 86 years in prison.
“Nobody mentions her,” said the woman, who gave her name as Maria, with a pointed glance before darting away.
Such conspiracy-laden skepticism about Ms. Yousafzai, who was shot by a Taliban gunman inside her school bus, is only one strand of public opinion here; others have expressed unqualified anger at the attack.
But it does suggest something dispiriting: that Pakistan’s “Malala moment,” and the possibilities it briefly excited, has passed.
In the immediate aftermath of the Oct. 9 assault, some Pakistanis hoped it could set off a sea change in their society. For years, the country’s ability to resist Taliban militancy has been hamstrung by a broad ambiguity that undermined a national consensus against Islamist violence.
Religious groups hesitated to challenge the Taliban for religious reasons. Politicians feared speaking out on safety grounds. And the military, which has a history of nurturing Islamists to fight its proxy wars in India or Afghanistan, equivocated by tacitly supporting selected militant outfits, known among militancy experts as the “good Taliban.”
But after Ms. Yousafzai was shot, heart-rending images of the wounded child bounced against coldblooded Taliban statments that the militans would shoot her again, if they had a chance. The country suddenly spoke with a unified, furious voice.
Politicians and religious leaders condemned the Taliban with unusual passion. The army chief, Gen. Ashfaq Parvez Kayani, visited Ms. Yousafzai’s bedside and released a rare public statement that the military would “refuse to bow before terror.”
Writers compared the teenage blogger to Anne Frank. Conservative politicians came under harsh scrutiny.
Just two days before the attack, Imran Khan, the former cricket star whose political star has soared in the past year, had led a honking motorcade of supporters to the edge of the tribal belt, where they mounted a protest against CIA-directed drone strikes in the nearby mountains. They received largely favorable news media coverage.
But after the shooting, Mr. Khan came in for sharp criticism, partly because he favors negotiating with the Taliban instead of fighting them, and partly because he refused to condemn the militants in a television interview, citing safety concerns for his followers in the tribal belt. “If today I start shouting slogans here against Taliban, who will save them?” Mr. Khan asked.
Commentators said the episode hurt Mr. Khan’s credibility. “There had been latent fears about his Taliban policies,” said Fahd Hussain, a television presenter. “This thing suddenly reminded people that he is not really clear on this subject.”
Mr. Khan, for his part, is sticking to his guns. “Our liberals support military solution despite them being counterproductive,” he wrote in an e-mail. “Each military operation leads to more militancy and fanaticism.”
A military operation, however, is exactly what was being speculated about early this week, when the country’s top generals held a secretive two-day meeting that stoked speculation they were planning a long-anticipated assault on the Taliban stronghold of North Waziristan — a major demand of the Obama administration.
By then, however, the backlash against Ms. Yousafzai had already started in earnest. The religious right attacked the wounded schoolgirl, circulating images on the Internet that showed her meeting senior American officials and implying that she was an American agent.
Other politicians showed little conviction. With the exception of the Karachi-based Muttahida Qaumi Movement, no party organized mass street rallies against the Taliban — a stark contrast with the violent riots that seized the country weeks earlier in reaction to an American-made video insulting the Prophet Muhammad.
In Parliament on Wednesday, a government motion in favor of a “military operation” against the Taliban was blocked by the opposition. Most commentators now say a military drive into North Waziristan is unlikely anytime soon.
Whatever window had been opened — for military action, or a new unity against the Taliban — now appears to have closed. “It was a golden moment,” said Mr. Hussain, the journalist. “But that’s what it was — a moment.”
Others doubted the moment ever existed. “Remember that we are a confused and psychologically divided society,” said Ayaz Amir, an outspoken opposition politician. “So it is too much to hope that our national thinking could turn in the other direction so quickly.”
In some senses, the clearest policy comes from the Taliban. This week the militants published a seven-page justification for their violence against Ms. Yousafzai — “Malala used to speak openly against Islamic system and give interviews in favor of Western education, while wearing a lot of makeup,” it read — and threatened to kill journalists who criticized its tactics.
Others, however, see a silver lining: that Pakistanis have drawn one major red line when it comes to Taliban aggression. “You can be a devout Muslim, hate America and be more upset than Imran Khan about drones,” said Nusrat Javed, a television commentator. “But if you have daughters who want to go to school, there is universal condemnation of something like this.”
The whole episode shows that Pakistanis have an urgent need to “be clear” about the Taliban, said Mr. Amir, the politician. “There needs to be an intellectual consensus that we have gone far enough,” he said. “We must draw a line.”